Il decesso della politica con il Governo di tutti

Il decesso della politica avvenuto con il “governo di tutti” si nota anche da un nuovo fenomeno: i politici-commentatori. Non potendo (o volendo) più prendere posizioni nette praticamente su nulla si rifugiano nell’opinione, nel commento facile, nelle postille. Le questioni Politiche (con la P maiuscola) spariscono. Quelle sono scomode, presuppongono nette prese di posizione, risultano divisive.

Pensate alla questione palestinese. Sparita dai radar. Come se a Gaza si vivesse in normalità. Come se il conflitto fosse risolto. Fino a che si sparavano missili e razzi in Terra Santa c’è stata attenzione (seppur minima).

Oggi che quei morti (tutti quanti) dovrebbero spingere la Politica ad assumersi responsabilità e a proporre soluzioni, cala il silenzio. Ripeto: la morte della politica. In compenso i politici si gettano a capofitto sui fatti di costume per farci vedere che esistono nel bel mezzo di questa “pax-draghiana” che mostra quanto, ahimè, si prendano più decisioni dalle parti di Confindustria che in Parlamento.

I cittadini dovrebbero pretendere dai loro rappresentanti – oltretutto pagati profumatamente – posizioni chiare. Ma non sui Måneskin (complimenti a loro). Sul blocco dei licenziamenti, sul fondo anti-usura, sui nuovi scostamenti di bilancio da fare, sull’eterna questione grandi opere/manutenzione dell’esistente, sui conflitti di interesse tra finanza e politica, sulla fine che si intende far fare ad MPS dopo anni di sostegno pubblico, sul riconoscimento dello Stato di Palestina.

Un tempo artisti, comici e cantanti coraggiosi prendevano posizioni politiche a loro rischio e pericolo. Oggi politici pavidi commentano gli artisti, i comici ed i cantanti temendo che schierarsi politicamente possa disturbare i manovratori del “governo dell’assembramento”.

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